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26/07/16

La lotta al terrorismo si combatte (anche) sul web



 

I Social network non devono essere megafono dei terroristi

Bombe umane, coltelli, kalashnikov e... web, social network in particolare. Sì, avete capito bene: anche la tecnologia rientra tra le armi che i terroristi utilizzano per seminare paura e morte. 
Facebook, YouTube, Twitter, sono solo i principali canali online grazie ai quali l'Isis rivendica i suoi attentati e promuove i suoi piani nonché le sue “conquiste”, mostrando al mondo immagini di una violenza inaudita e che i media, combattuti tra diritto d'informazione e deontologia, rimbalzano sulle TV e sulle prime pagine dei giornali. 
Ecco che quindi il web, democratico e immenso, diventa principale megafono di terrore.

Alzare le barriere difensive e invertire il senso di marcia

Battere l'Isis con le sue stesse armi si può. Anzi si deve. Tanto che YouTube e Facebook hanno già studiato una tecnologia in grado di bloccare i contenuti troppo cruenti, come le decapitazioni degli ostaggi, girati e diffusi viralmente dai militanti.Le informazioni su come questo avvenga nel dettaglio sono - come presumibile - top secret. Indiscrezioni parlano però di un sistema simile a quello programmato per localizzare ed eliminare i contenuti coperti da diritto d'autore usati impropriamente. 
Intanto, Jack Dorsey e Mark Zuckerberg, padri di Twitter e Facebook, hanno già provveduto a chiudere decine di migliaia di account riconducibili all'Isis, in un gioco a guardie e ladri che ha portato i due leader dei social network a essere nel mirino dei terroristi. In un video di 25 minuti, di febbraio scorso, le immagini dei due fondatori venivano date alle fiamme e perforate di proiettili, gridando vendetta. Ma la guerra al radicamento in Rete dei terroristi è appena iniziata. 

L’app che ti salva


Era il 2014 quando Zuckerberg ha lanciato “Stai bene?” La funzione di Facebook studiata per comunicare ad amici e parenti che si è in salute, in seguito ad eventi terroristici o catastrofi naturali. 
Oggi, oltre i social, anche le grandi aziende produttrici di tecnologia stanno adottando la medesima tecnica. Apple, per esempio, dopo i recenti attentati in Belgio e in Francia ha deciso di dar vita a Be Safe, un’applicazione pensata per tutelare la sicurezza dei propri dipendenti in caso di pericolo.
Il 14 luglio, durante l’attentato di Nizza, i dipendenti dell’Apple Store hanno ricevuto un SMS che indicava di stare lontani dal viale della Promenade des Anglais, dove si stava consumando la strage, e di comunicare, rispondendo 1 all’SMS, il proprio stato di salute. 
Un elemento utile per capire quali e quanti colleghi fossero in pericolo, in modo da riferirlo alle forze dell’ordine.  

Oltre all’app, Apple ha inserito all’interno del website aziendale una sezione legata al codice di comportamento in caso di attacco sul luogo di lavoro: scappare se è possibile, se non ci sono vie di fuga nascondersi dietro i muri, impostare modalità silenziosa sul telefono per non essere visti, sfruttare ogni cosa come arma per la difesa.

Combattere l’imprevedibilità con la forza del web

Il terrorismo ha sorpreso il mondo, non solo per il suo atroce modo di agire, ma soprattutto per la sua imprevedibilità, inaugurando una nuova forma di guerra che è possibile combattere (anche) con le immense potenzialità del web, dei social e della tecnologia. 
Fondamentale però è sfruttare queste armi, tanto pacifiche quanto potenti, nel modo più intelligente possibile, per non diventare megafono del terrore. 

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