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30/11/16

Bufale, clickbait ed emotività sui social: che ruolo ha il brand?

Bufale, clickbait ed emotività sui social: che ruolo ha il brand?
 

Siamo capaci di distinguere una notizia vera da una bufala? Internet ultimamente è sinonimo di accesso illimitato alle informazioni, ma sembra sempre più difficile orientarsi nel mare magnum di profili reali o fake, troll o vere e proprie fonti di disinformazione.

Lo studio “Infosfera italiana 2016” dell’Università di Napoli sottolinea come gli utenti, muovendosi tra vecchi e nuovi media, attingano da questi informazioni a proprio piacimento, creando "palinsesti" in base ai propri interessi, gusti e bisogni. Gli utenti riescono così ad aggregare nuovi contenuti e diventare essi stessi fonti di informazione per altri utenti.

I mezzi che rendono possibile questa dinamica sono soprattutto i social network. Nonostante Mark Zuckerberg abbia più volte ribadito che la sua compagnia non produca contenuti editoriali e quindi dovrebbe essere ritenuta solo un'azienda tech, non si può negare che Facebook eserciti spesso più influenza dei media stessi. Questo però non implica necessariamente risultati virtuosi: un esempio recente è legato alle bufale e le notizie clickbait (articoli il più delle volte non veritieri con titoli teaser, che incoraggiano il click da Facebook a siti che veicolano altre news fasulle) che potrebbero aver influenzato significativamente la scelta di votare Trump alle presidenziali americane. 

Si innesca in questo modo la cosiddetta Echo Chamber, un fenomeno particolare in cui le informazioni, idee o credenze si amplificano e rinforzano grazie alla loro trasmissione e ripetizione in un sistema “chiuso”, che spesso censura punti di vista diversi o concorrenti. Un problema legato solo alla politica, che non influenza la comunicazione di prodotto? Niente affatto.

Non molto tempo fa Vileda e Findus hanno dovuto gestire una vera e propria crisi comunicativa sui social. La causa scatenante era davvero imprevedibile: le due aziende avevano comprato degli spazi pubblicitari all'interno di un noto programma televisivo. Alcuni spettatori, ritenendo che la propria parte politica fosse stata derisa e danneggiata nel corso della trasmissione, si sono sentiti offesi e hanno iniziato una rappresaglia sui social network contro questi brand, alimentando per diversi giorni la polemica online. 

In una situazione "normale" per un’azienda essere sui social media implica un cambiamento radicale nel modo di comunicare con il target,  passando da una comunicazione unidirezionale a una bidirezionale. Indispensabile è l’ascolto del cliente e delle sue esigenze, per avere feedback sui propri prodotti e servizi e scoprire come migliorare le proprie strategie di marketing

In un caso di emergenza come quello vissuto da Vileda e Findus, risulta fondamentale avere a disposizione dei professionisti,  un team di social media manager in grado di gestire al meglio le pagine del brand e intercettare il sentiment degli utenti.

E se l'azienda non ha una pagina su Facebook? Può ritenersi salva? Ovviamente no: non essere a conoscenza di una conversazione online su di noi non annulla l'esistenza di quella conversazione e il suo potenziale negativo.

Bufale, notizie clickbait e polemiche nate in rete sono fenomeni in grado di indignare o emozionare il pubblico, modificandone le opinioni e orientandone le scelte di acquisto. Basta poco per creare un vero e proprio danno di immagine all'azienda che deve correre ai ripari. 

Mai come oggi è necessario presidiare i social network, servendosi di agenzie di comunicazione che mettano in atto strategie volte a ottimizzare la visibilità e la fiducia dei consumatori nei confronti del brand. 

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