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11/01/17

Engagement sui social network: il nostro esperimento

Per i professionisti del marketing il termine Customer Engagement non rappresenta affatto una novità. Le strategie per coinvolgere emotivamente i potenziali clienti sono il nostro lavoro quotidiano e dovremmo essere in grado di rendere il pubblico partecipe delle attività di comunicazione e innovazione. Siamo certi che sia così? Le nostre strategie sono davvero efficaci o potrebbero essere migliorate?

Questo interrogativo è nato dalla lettura di un report di Gallup, How Millennials Want to Work and Live: i Millennials americani, la generazione nata tra il 1980 ed il 2000, mostrerebbero un minor grado di consumer engagement rispetto alle altre generazioni e quindi un minor attaccamento emotivo e psicologico ai brand.

Molto diversi sarebbero i dati relativi alle altre generazioni. Se il 38% degli appartenenti alla Silent Generation (nati tra l’inizio degli anni '20 e la metà degli anni '40) e il 33% dei Baby Boomers (nati nel secondo dopoguerra, fino all'inizio degli anni '60) sono pienamente coinvolti emotivamente dai marchi, invece lo sono soltanto il 28% degli appartenenti alla Generazione X (tra 1963 e il 1980 circa) e il 25% degli appartenenti alla Generazione Y (quella dei nati dopo il 2000).

Per quale motivo gli utenti dei social network nati prima del 1980 si affezionano maggiormente a un brand? Si sentono forse compresi nel loro messaggio, condividono valori e modalità di comunicazione? Per cercare di soddisfare la nostra curiosità, abbiamo fatto un piccolo test.

Si tratta di un esperimento che non pretende di avere validità scientifica, data la limitatezza del campione preso in analisi. Abbiamo infatti esaminato per un mese i profili social dei nostri contatti: il nostro campione era di 100 persone, 50 donne e 50 uomini suddivise in diverse fasce d'età, dai teenager agli over 50. Lo scopo del nostro piccolo esperimento era cercare di capire cosa stimoli l'engagement e cosa le persone potrebbero essere più propense a pubblicare e condividere.

La prima cosa che abbiamo notato è che mediamente gli uomini con più di 46 anni o appartenenti alla generazione dei Millennials hanno un numero significativamente maggiore di contatti rispetto alle donne.

Ci saremmo quindi aspettati una maggiore possibilità per i loro post di essere condivisi o di ricevere like. La nostra intuizione avrà trovato conferme?
Non proprio: il campione maschile si è rivelato meno "prolifico", pubblicando meno post di prima mano, optando per la condivisione dei contenuti altrui, preferendo alle notizie i contenuti ironici o simpatici. 


Un risultato balza all'occhio: entrambi i campioni hanno un forte interesse per determinate tipologie di contenuti.
Alla pubblicazione di selfie e agli interessi culinari sia gli uomini sia le donne di tutte le età preferiscono le news e i post con una riflessione personale o un contenuto ilare.


Al contrario, per quanto riguarda le reazioni ai contenuti pubblicati da altri, le donne sono mediamente più propense a scrivere un commento a post meno impegnati, anche nel caso delle foto molto personali dei loro contatti come i selfie sexy, mentre il campione maschile sembra più restìo per tutte le fasce d'età prese in esame.
In particolare, donne e uomini delle diverse fasce d’età reagiscono a post di argomenti differenti.  
Benché siano meno gli utenti a postare i selfie, questi sono i contenuti che riscuotono più like, in particolare tra Millennials e i giovani appartenenti alla Generazione Y.
In generale, ci sembra di intuire che i più attivi e “reattivi” sui social network siano in primo luogo i Millennials, ma da non sottovalutare sono le interazioni ad opera degli appartenenti alla generazione X e Y. Anche in questo caso, il campione femminile è risultato più pronto a esprimere un parere sui contenuti altrui rispetto agli uomini, sia con gli autoscatti sia con i post su tematiche più “serie”.


Riassumendo: qualsiasi sia la nostra età, siamo più disposti a condividere contenuti impegnati, ma siamo più coinvolti e diamo più facilmente un like a post più legati all'entertainment. Quindi news, riflessioni politiche e sociali o la cronaca sembrerebbero generare poco engagement.

L'utente medio potrebbe stentare a credere a questo risultato empirico, vedendo la propria bacheca piena di contenuti ben diversi; basta però cercare qualche informazione sugli algoritmi di Facebook per capire come stiano le cose: Facebook ci propone principalmente ciò per cui abbiamo mostrato un interesse in passato, mettendo un like o condividendo un post.
Nei mesi scorsi infatti ci sono stati diversi cambiamenti nel social network per evitare alcuni problemi (fake news, clickbait, un nuovo news-feed) e questo ha portato inevitabili modifiche alla visibilità delle condivisioni dei nostri contatti e alla reach delle varie pagine, anche quelle commerciali. Ora infatti, per avere la portata che in passato un brand aveva gratuitamente, si deve ricorrere alla sponsorizzazione.

Quali sono i contenuti “premiati” da Facebook? Gli stessi che emergono nella nostra verifica empirica. Quelli pubblicati da amici e parenti, quelli che fanno informazione e intrattenimento. In generale, tutto ciò che coinvolge l'utente raccontando una storia in modo autentico ed emozionale, facendo infotainment.

Cosa attira gli utenti? Nella propria strategia di marketing, profilare attentamente il target nel pubblicare un contenuto è davvero così importante? Sicuramente, ma non è l'unico aspetto da prendere in considerazione. Non bisogna mai sottovalutare l'importanza di un corretto ascolto del pubblico, delle tematiche che suscitano più interesse in un determinato periodo. L'ideale sarebbe riuscire a fare non solo real time marketing ma anche right-time marketing.

Ci sono argomenti trasversali, che emozionano e coinvolgono tutti, indipendentemente dal sesso o dalla fascia d'età.
In definitiva però, abbiamo trovato delle conferme alle teorie di social media marketing: nel tentare di rendere una comunicazione più appetibile emotivamente agli appartenenti a generazioni diverse, la vera differenza la fa il linguaggio utilizzato, il tipo di approccio. Mettersi in cattedra e proporre severi giudizi autoreferenziali che non stimolino una discussione non porta a grandi risultati in termini di visibilità. Non paga neanche un atteggiamento totalmente assertivo, in cui non ci si espone troppo e non ci si prende il rischio di esprimere le proprie opinioni.

Come fare allora? In medio stat virtus. La soluzione potrebbe essere quella di comunicare in maniera onesta, trasparente e coerente; proporre argomenti e opinioni per aprire un dialogo con i propri utenti, siano essi amici personali su Facebook o un'audience professionale su Linkedin.

Gli utenti premiano l'autenticità, la voce affidabile di un brand o un influencer con cui potersi confrontare apertamente. Un maggior coinvolgimento emotivo del consumatore porta al maggior successo di un marchio, quindi una buona strategia di marketing deve tendere proprio a questo coinvolgimento, trovando il difficile equilibrio tra le azioni più tradizionali ed una strategia incentrata sul digitale.

Michele Tagliavini

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